Oggi pensavo al tempo. Premetto che non intendo filosofeggiare su aspetti astratti e tantomeno mi è uscito l’estro poetico, ma ragionavo su una cosa molto concreta che è il tempo come lo viviamo noi mamme, soprattutto se mamme lavoratrici. Non è mia intenzione sminuire le mamme non lavoratrici, per carità, anche solo fare la mamma è un lavoro a tempo pieno e sono certa che anche loro hanno un’idea del tempo che non fitta con i desideri e le volontà, ma se già è difficile per una mamma a tempo pieno, come può gestire correttamente il tempo una mamma che va a lavorare? È una cosa che sto vivendo da quando sono rientrata dal congedo parentale, e sulla quale mi sto analizzando.
Vorrei fare una premessa: sono stata recentemente alla presentazione del progetto pedagogico dell’asilo nido dove porto mia figlia e si è anche parlato in minima parte del tempo. Io su questo invece mi sarei fermata di più, ecco perché sono qui a parlarne e a condividere il mio pensiero con voi. In quell’occasione si diceva come, per il bambino, il passaggio da una realtà a un’altra sia a volte faticosa. Faccio un esempio: noi passiamo dall’essere mogli, mamme, lavoratrici, poi di nuovo mamme e avanti così, nel giro di un attimo, a seconda della realtà in cui ci troviamo. Per un bambino il passaggio tra la famiglia e il nido (nel nostro caso) e viceversa, non è così facile e immediato, motivo per cui anche se al nido sono felici e stanno bene, non è raro che facciano un po’ fatica a entrare la mattina o addirittura non accolgano la mamma il pomeriggio come lei desidererebbe. L’ideale sarebbe fare passaggi graduali, ad esempio quando il pomeriggio si va a riprendere il proprio figlio fermarsi a giocare con lui prima di tornare a casa.
Il tempo è inclemente con tutti, adulti e bambini; già noi dobbiamo rincorrere ritmi che non sarebbero i nostri ma sono imposti dalla sveglia, dalla partenza di un mezzo pubblico, dall’orario in cui dobbiamo timbrare il cartellino, ecc., figuriamoci un bambino che deve sottostare ai nostri tempi! Ecco come facilmente non venga più rispettato il suo naturale ritmo di vita. Quando poi si torna a casa e sarebbe giusto e corretto dedicare il tempo al proprio figlio, subentrano le cose da fare o anche solo il desiderio di riposare un po’. Dov’è il giusto compromesso? Quanto è giusto mettere da parte le necessità di una casa e una famiglia da gestire per dedicare il tempo al figlio? E quando è il momento di dire “adesso no” considerato il fatto che i bambini hanno una capacità innata di prenderci in ostaggio? Non è facile trovare il compromesso, e di certo io non ho la risposta, dopotutto sono una mamma che cresce insieme a voi! Credo che ognuno debba seguire le proprie inclinazioni e regolarsi in base a quanto il proprio figlio chiede attenzioni. Dopotutto diciamocelo… questi bimbi non saranno piccoli per sempre e ogni momento in cui chiedono la nostra attenzione e non gliela diamo, è un’occasione persa che forse un giorno rimpiangeremo.
Tempo perso, tempo vissuto, tempo sprecato, tempo che corre troppo velocemente o non passa mai… è impossibile dare il giusto valore a ogni minuto del nostro tempo, ma i nostri figli, grazie alla loro comunicazione istintiva, sanno dirci di cosa hanno bisogno e noi dovremmo ascoltarli.