La recensione di “Una divisa per Nino”

Questo è un libro per bambini che cerca di aiutarli a capire avvenimenti terribili e violenti come quelli del periodo del fascismo in Italia.

La recensione.

Una divisa per Nino di Francesca La Mantia

Edizione Gribaudo

L’autore

Francesca La Mantia è nata a Palermo nel 1985, vive e lavora a Milano. Docente di latino, sceneggiatrice e regista cinematografica e teatrale. Nel 2015 ha realizzato il film documentario “La memoria che resta”, dove emerge il sommerso e variegato mondo della resistenza, intervistando persone che non appaiono in TV e sui libri, ma che ogni giorno combattono la loro lotta: nelle scuole, nelle sezioni Anpi e in ogni occasione della vita. Tra gli intervistati vi sono scrittori, partigiani, staffette, deportati, insegnanti, sorelle, amici e figli dei caduti.

La struttura del testo

Per conquistare una sua compagna di scuola, un bambino, Nino, in pieno fascismo e durante la guerra di Etiopia (1936), cerca di diventare un bravo “figlio della lupa”. “In quel momento avevo capito cosa volevo fare da grande: volevo essere il Duce, così lei sarebbe stata mia” dice il bambino. Ma, quando Nino fa amicizia con il suo vicino di casa, l’antifascista Ruggerini e con suo figlio Gabriele e soprattutto quando il fratello maggiore torna dalla guerra, avverrà in lui un radicale cambiamento e un rifiuto totale del regime e della violenza. Un viaggio intenso e toccante verso la consapevolezza e la scelta: da una divisa che non viene indossata per caso a una divisa che nino sceglierà di non indossare.

Età di lettura: da 9 anni.

La nostra opinione 

Avvicinare un bambino, cioè un futuro cittadino alla Storia, far sì che il passato divenga con un certo grado di consapevolezza e passione parte di lui, è una operazione lunga, puntuale, metodica: anche faticosa. La portano a compimento, quando c’è la possibilità, i racconti dei nonni e dei genitori, i fumetti, i film. I libri, appunto come questo.

Spiegare ai propri figli avvenimenti terribili e spaventosi come il terrorismo, le guerre, il fascismo e l’Olocausto è difficile perchè bisogna trovare le parole giuste e riuscire a rispondere alle domande dei piccoli.

Un libro che in passato aveva riscosso un successo mondiale è “Il razzismo spiegato a mia figlia” di Tahar Ben Jelloun, che dice «I bambini vanno aiutati ad accettare il reale, con tutto ciò che questo ha di imprevisto e insopportabile. Per realizzare questi obiettivi, servono pazienza e pedagogia, andando al di là dell’emozione, per arrivare all’essenziale, ai fatti». 

I bambini non potranno capire fino in fondo la gravità delle persecuzioni e dello sterminio di ebrei (ma anche di zingari, omosessuali, portatori di handicap) perpetuati dal nazismo e gli altri più recenti episodi di genocidio e persecuzioni.

A questa età sono però sicuramente già in grado di capire la differenza tra giusto e sbagliato, e il concetto di rispetto della diversità e dei diritti umani. .

Possiamo spiegare con parole semplici, che loro possano capire, che c’è stato un periodo o ci sono posti lontani, durante le guerre, in cui molti di uomini, donne e bambini sono stati strappati alla loro vita e uccisi o perseguitati.

Quando i bambini non vogliono saperne di più su qualcosa o sono spaventati, di solito si fermano. In questi casi possiamo chiedere loro se vogliono saperne di più. Quindi dobbiamo aiutarli a “digerire” le emozioni generate dalle informazioni ricevute (paura, rabbia, ecc.).

Possiamo chiedere loro come si sentono dopo la lettura del libro e aprire così uno spazio dove possono parlare delle loro emozioni.


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