Portare i piccoli – Babywearing parte I – 5 domande per crescere insieme

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Oggi intervistiamo Ilaria Scrofano.

L’intervista.

1. Parliamo di “babywearing”? cosa significa? che origini ha?

Letteralmente il babywearing può essere tradotto come “portare addosso i bimbi”. Ma oltre all’idea di base che può suggerire, cioè la praticità di movimento, in realtà dietro c’è tutto un pensiero basato sull’attenzione che i genitori rivolgono ai bisogni e alle richieste del proprio bimbo. Infatti il portare, nell’accezione moderna mette in atto una genitorialità a contatto, diversa rispetto quella a cui erano abituati i nostri genitori.

Le origini del babywearing sono insite in tutta l’umanità, in Europa, con l’avvento della carrozzina e della cultura del basso contatto, si è andati a perdere tutta la tradizione che i nostri nonni e bisnonni avevano riguardo al portare i bimbi. Abbiamo testimonianze antiche (dipinto di Giotto nella Cappella Scrovegni, in cui la Madonna porta il Bambin Gesù su un fianco), altre in età un po’ più moderna in cui le mondine caricavano i bimbi sulla schiena per poter lavorare nei campi.

Tutto questo fino all’arrivo dell’industrializzazione, quando le donne iniziarono a lavorare fuori casa e ad emanciparsi. Oltre questo, verso la fine degli anni 80 del XIX secolo, sono comparsi sul mercato tutta una serie di strumenti che han messo distanza tra il bimbo e il genitore e che sono andati a sostituire le braccia del genitore.

Nel contempo è cambiato anche lo stile di genitorialità passando da una presenza continua col bimbo, definita CULTURA AD ALTO CONTATTO ( nascita a casa, contatto corporeo con bambino, allattamento a richiesta, dormire insieme,ecc.) ad una CULTURA A BASSO CONTATTO, vuoi anche per necessità, che prevede nascita medicalizzata, allattamento spesso artificiale o minimo, il bimbo dorme in ambiente diverso dai genitori, ecc.

In questi ultimi anni, per fortuna, si sta avendo un cambio di rotta, si sta tornando a mettere al centro il bimbo con le sue richieste, i genitori tendono a mettersi in ascolto dei bisogni, anche non verbali, del proprio cucciolo e mettono in atto una serie di strategie per riuscire in ciò.

2. Quante tipologie di fascia esistono in commercio? E a quali età dei bambini sono maggiormente adatte?

La Scuola del Portare suddivide i supporti in NON STRUTTURATI, SEMISTRUTTURATI E STRUTTURATI.

Nel gruppo dei supporti NON STRUTTURATI troviamo le fasce elastiche in maglina di cotone oppure in fibra di bambù, sono supporti molto morbidi che consentono di ricreare la sensazione di contenimento di cui il neonato ha bisogno. Questa fascia ha il limite di non poter essere utilizzata oltre i 6/6.5 kg del neonato.

Un altro supporto non strutturato è la fascia cosiddetta rigida (per distinguerla da quella elastica). E’ formata da un telo tessuto in una unica soluzione, che può avere una composizione di solo cotone, oppure composizioni miste (lino, canapa, seta, lana o altri materiali)

I bordi sono ben definiti e cuciti in maniera da essere facilmente rintracciabili. Una caratteristica fondamentale del tessuto è che sia caratterizzato dalla trama in diagonale, che dona elasticità alla fascia ed è ottima per garantire sostegno e contenimento e accompagnare il corpo del bambino, modellandosi su di esso e su quello del portatore.

I supporti SEMISTRUTTURATI invece, hanno la peculiarità di essere in parte già pronti per essere indossati, e in parte richiedono qualche manovra per perfezionare la legatura e la sicurezza.

Proprio per questo motivo è un supporto meno versatile rispetto ad una fascia, in quanto la sua forma e la sua modalità di impiego rendono più veloce indossarlo ma limitano le possibilità di legatura.

La Ring Sling ( o Fascia ad anelli) è una fascia abbastanza intuitiva, ma scaricando il peso del bambino su una sola spalla del portatore e  bloccando la stoffa soltanto davanti con gli anelli (in alluminio termosaldato in un unico blocco)posizionati poco sotto la clavicola è chiara l’importanza di una tecnica corretta (in alcuni casi legature fatte non proprio correttamente rischiano di infiammare il muscolo trapezio).

Questo strumento abbina la morbidezza e la versatilità di una fascia di tessuto corta alla comodità di una legatura regolabile.

La Scuola del Portare la ritiene ottima per portare sul fianco ma sconsiglia l’utilizzo davanti o dietro per la mancanza del legpass e della conseguente sicurezza.

Esiste poi il Mei Tai, un supporto che arriva dalla tradizione cinese, ed è composto da un pannello di tessuto con due fasce inferiori che si legano in vita e due superiori che passano sulle spalle come delle bretelle. Questo strumento può essere considerato in alcuni casi una via di mezzo tra una fascia ed un marsupio ergonomico perché riprende elementi di entrambi i supporti: dal marsupio riprende la struttura del pannello, già pronta per accogliere il bambino, mentre dalla fascia rigida riprende l’utilizzo delle fasce superiori e il tessuto morbido e maneggevole che consentono una buona aderenza tra portatore e portato, un adeguato sostegno per il bambino e un efficace scarico del peso per il portatore.

Parliamo infine dei SUPPORTI STRUTTURATI, cioè strumenti già predisposti ad accogliere il bambino, di facile utilizzo e per le sue caratteristiche di solito non richiede l’utilizzo di tecniche particolari e sono dunque più rapidi e pratici di uno strumento non strutturato, limitando però il loro utilizzo a pochissime varianti.

Tra questi abbiamo la Pouch (o fascia tubolare), un anello di tessuto ottenuto da un unico telo, di facile intuizione, ma che scarica il peso del bambino su una sola spalla del portatore e consente un numero di posizioni molto limitato.

E poi c’è il Marsupio ergonomico, il supporto strutturato per eccellenza. La sua caratteristica fondamentale rispetto ai marsupi che si trovano più agevolmente in commercio è che i marsupi ergonomici sono studiati ad hoc per rispettare la fisiologia delle anche (posizione divaricata seduta) e la cifosi naturale della colonna vertebrale del bambino.

Il bambino è posizionato direttamente a contatto con il corpo del portatore, non ci sono tessuti o pannelli di mezzo e il peso è scaricato in maniera bilanciata tramite la cintura in vita e gli spallacci.

La seduta è ampia e per mantenere l’ergonomicità deve andare da cavo popliteo a cavo popliteo; può essere regolabile a seconda della corporatura del bambino, sia in altezza che in larghezza.

Gli spallacci e la cintura sono imbottiti e di lunghezza regolabile e si chiudono in genere con fibbie a scatto adatte a sopportare le sollecitazioni date dal peso del bimbo.

Per migliorare lo scarico del peso e per assicurare che gli spallacci non cadano dalle spalle, i marsupi ergonomici sono dotati di una cinghietta trasversale (detta di sicurezza) che li aggancia insieme.

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3. Quali benefici traggono i bambini dall’uso della fascia?

Diversi studi hanno ormai appurato che i cuccioli d’uomo fanno parte della categoria dei Portati attivi (Kirkilionis), cioè hanno insiti in loro una serie di comportamenti innati che darebbero prova di come il loro corpo sia perfettamente adattabile al corpo della madre. Questi “istinti” sono i riflessi naturali che ogni neonato ha inscritto nel proprio dna (riflesso di Moro, riflesso di Babinski e riflesso palmare) e che consentivano ai bimbi di aggrapparsi alla pelliccia della madre per starle sempre addosso e sfuggire  ai predatori, assicurandosi la salvezza.

E’ chiaro dunque come il Portare divenga l’esperienza chiave per garantire al bambino un “continuum” da tre diversi punti di vista: filogenetico, neurofisiologico e psicologico.

Dal punto di vista filogenetico questo è evidente anche se ci soffermiamo ad osservare le gambe dei neonati. Sono sempre flesse in posizione divaricata-seduta mantenendo la forma ad “O” delle gambe e la divaricazione flessa che servono per aderire al corpo della madre per essere portati. Questi elementi esprimono la memoria filogenetica del portato attivo che storicamente è stato portato sul fianco della madre.

Per questo portare un bambino, in braccio o con uno strumento che ne rispetti la fisiologia, significa soddisfare un bisogno primordiale, insito profondamente nella sua memoria cellulare.

Dal punto di vista neurofisiologico ci sono studi ben accreditati che, valutando i dati riguardanti le varie specie di mammiferi in generale ed in particolare quelli riguardanti le grandi scimmie, dimostrano che ogni neonato umano nasce fisiologicamente immaturo. La prole umana si trova, alla nascita, in uno stato di maggiore immaturità rispetto ad ogni altro mammifero (di fatto non riesce a seguire il suo “branco”) e continua a dipendere totalmente dalle cure dei genitori per un lungo periodo.

E’ stato, infatti, ipotizzato che l’immaturità neurologica e fisica del neonato indichi che il periodo di gestazione non è stato completato, in quanto sarebbe impossibile passare attraverso il canale uterino dopo ulteriori 9 mesi di vita all’interno del pancione. Dunque l’unica soluzione dataci da madre natura è che la gestazione si completi al di fuori del grembo materno, sotto forma di gestazione extrauterina. Ed ecco qui che si parla di endo ed esogestazione.

Un metodo d’allevamento come il “Portare i bambini”, rende quindi il passaggio e l’adattamento alla vita extrauterina meno brusco possibile. Il bambino portato sperimenta la stessa varietà di sensazioni e stimolazioni che esperiva nell’ultimo periodo di vita intrauterina (sente gli odori, percepisce il movimento e il ritmo, sente i confini il sostegno e il contenimento, viene massaggiato, sente il calore, sente il battito del cuore, sente le voci intorno a lui, etc.).

Essere addosso alla mamma permette inoltre al bimbo di incrementare il bonding con lei e superare le fatiche e il trauma del parto.

Un altro beneficio che il bimbo trae è la regressione del pianto poiché essendo a contatto con il corpo della mamma porta quest’ultima a soddisfare i bisogni del bimbo nell’immediato, non facendolo arrivare al pianto disperato che qualcuno addita come causa delle colichette serali. A questo proposito, il massaggio continuo e il calore che la pancia del portatore esercita sulla pancina del neonato fa si che quest’ultimo possa trarre beneficio dal contatto nel momento di disagio che le colichette portano.

Un ultimo ma non trascurabile beneficio che il neonato ottiene è che, essendo all’altezza del cuore del portatore, vive in toto quello che il portatore fa. Vede le persone, respira gli odori, partecipa alle conversazioni, avverte le sensazioni; il mondo non lo sovrasta, ma il bimbo si trova al centro del mondo vissuto dal portatore e questo permette di sviluppare equilibrio, aumentare i neuroni specchio, e di conseguenza allena il senso di imitazione innato nei piccoli.

Potrete trovare la seconda parte dell’intervista cliccando qui.


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