La recensione di “Intelligenza emotiva per un figlio”

 

L’autore in questo libro propone una guida per voi e per i vostri figli su come sviluppare l’intelligenza emotiva.

La recensione.

Intelligenza Emotiva per un figlio – una guida per i genitori

di John Gottman

Editore BUR parenting

L’Autore

John Gottman è uno psicologo di fama mondiale, è specializzato in consulenza matrimoniale e in psicologia dello sviluppo. Insegna all’Università di Washington ed è cofondatore del Gottman Institute, dove offre terapie e percorsi pratici per il rafforzamento dei legami familiari.  

La struttura del testo

Introduzione 1. Allenamento emotivo: la chiave per allevare figli emotivamente intelligenti 2. Valutare il proprio stile come genitori 3. Le cinque fasi-chiave dell’Allenamento emotivo 4. Strategie di Allenamento emotivo 5. Matrimonio, divorzio e la salute emozionale di vostro figlio 6. Il ruolo cruciale del padre 7. L’Allenamento emotivo durante la crescita  

La nostra opinione

Di seguito non solo lascerò la nostra opinione su questo libro ma anche farò un breve riassunto capitolo per capitolo del libro.

Nel capitolo 1 vengono descritte le teorie e le ricerche sulle quali l’autore basa le osservazioni che descriverà lungo tutto il libro. Gottman afferma che l’intelligenza emotiva dei bambini è determinata in parte dal temperamento, ovvero dai tratti di personalità connaturati all’ individuo, ma è anche formata dalle interazioni con i suoi genitori. Questa influenza comincia a esercitarsi nei primi giorni dell’infanzia quando il sistema nervoso non è ancora del tutto maturo. L’esperienza che i bambini hanno dell’emozione quando il loro sistema nervoso parasimpatico è ancora in evoluzione, può giocare un ruolo importantissimo nello sviluppo del tono vagale, e di conseguenza del loro benessere nel corso dell’esistenza. Molti degli effetti positivi che le ricerche di Gottman hanno constatato in questi ragazzi emotivamente intelligenti ed emotivamente allenati tra i sette e gli otto anni, sono il risultato di una caratteristica definita come «alto tono vagale». Il termine si riferisce al nervo vago, che è un grosso nervo che si diparte dal cervello e che fornisce gli impulsi a molte funzioni automatiche nella parte superiore del corpo, come la frequenza cardiaca, la respirazione e la digestione. Il nervo vago è responsabile del funzionamento di gran parte del sistema parasimpatico e del sistema nervoso autonomo. Mentre il sistema simpatico regola le funzioni quali il battito del cuore e la respirazione di una persona sotto stress, quello parasimpatico agisce come un regolatore, frenando queste funzioni involontarie, e impedendo al corpo di accelerare in maniera incontrollabile ed eccessiva le sue reazioni. Con il termine «tono vagale» si descrive la capacità di una persona di regolare i processi fisiologici involontari nel suo sistema nervoso simpatico. Proprio come i ragazzi con un buon tono muscolare eccellono negli sport, i ragazzi con un alto tono vagale eccellono nel rispondere e nel riprendersi dagli stress emotivi.

Nel capitolo 2 vi è un autotest per capire quel è il proprio stile genitoriale.Secondo l’autore gli stili genitoriali sono quattro secondo le ricerche condotte negli anni da lui e dal suo team:

STILE GENITORE NON CURANTE, STILE GENITORE CENSORE, STILE GENITORE LASSISTA e STILE GENITORE ALLENATORE EMOTIVO.

Per ogni modalità l’autore stila le caratteristiche che lo contraddistinguono ma puntualizza anche che molte famiglie hanno una filosofia «mista» nei confronti delle emozioni. Ovvero, il loro atteggiamento nei confronti delle manifestazioni emotive può mutare a seconda dell’emozione che si esprime. I genitori, ad esempio, possono accettare il fatto che si sia tristi una volta ogni tanto ma ritenere che le manifestazioni di collera siano assolutamente inaccettabili o pericolose. Oppure, possono approvare la collera nei figli, perché la interpretano come una manifestazione di personalità forte, ma condannare la paura o la tristezza come viltà o infantilismo. Inoltre, le famiglie possono trattare in modo diverso i diversi membri al loro interno e, ad esempio, pensare che vada bene per un maschio esprimere il suo temperamento irruente e per una femmina essere depressa, ma non viceversa.Ogni modalità genitoriale ha poi una serie di effetti sui propri figli.

In particolare è interessante la lista delle caratteristiche che bisogna sviluppare per essere dei genitori allenatori emotivi: •  valutare l’emozione negativa del figlio come un’occasione di intimità • riuscire a trascorrere del tempo con un bambino triste, arrabbiato o spaventato; • non diventare impaziente di fronte all’ emozione • essere consapevole delle emozioni del figlio e dà loro un valore • vedere nel mondo delle emozioni negative un importante terreno dell’essere genitore • essere sensibile agli stati emotivi del bambino, anche quando sono quasi impercettibili • non essere confuso o ansioso nei confronti dell’espressione emotiva del bambino; • sapere quel che c’è da fare • rispettare le emozioni del figlio • non spiegare al figlio quel che dovrebbe provare • non pensare di dover risolvere tutti i problemi del figlio • utilizzare i momenti emozionali per:  – stare ad ascoltare il figlio – empatizzare con parole tranquillizzanti e affettuose – aiutare il bambino a dare un nome all’ emozione che prova – offrire una guida per padroneggiare l’emozione – porre dei limiti e insegnare modi accettabili per manifestare le emozioni – trovare sistemi per risolvere i problemi. Gli effetti di questo stile sui bambini sono che imparano a fidarsi dei propri sentimenti, a regolare le proprie emozioni e a risolvere i propri problemi. Hanno un’alta stima di sé, imparano bene e si trovano a proprio agio con gli altri.  

Nel capitolo 3 sono descritte le cinque fasi dell’allenamento emotivo di cui la prima è  essere consapevoli delle emozioni del proprio bambino; per capire se lo si è l’autore inserisce un altro autotest molto curioso sulla propria capacità di gestione delle proprie emozioni: collera, tristezza, gioia, paura…la seconda fase è  RICONOSCERE NELL’ EMOZIONE UN’OPPORTUNITÀ DI INTIMITÀ E DI INSEGNAMENTO, la terza fase è  : ASCOLTARE CON EMPATIA, E CONVALIDARE I SENTIMENTI DEL BAMBINO (ma non i comportamenti); la quarta fase è  AIUTARE IL BAMBINO A TROVARE LE PAROLE PER DEFINIRE LE EMOZIONI CHE PROVA e l’ultima fase è RIUSCIRE A PORRE DEI LIMITI mentre si aiuta il bambino a risolvere il problema.

Nel capitolo 4 sono affrontate le strategie di allenamento emotivo tra cui IL SOSTEGNO GRADUALE E L’ELOGIO dove i genitori usano ogni piccolo successo per accrescere la sicurezza del bambino, aiutandolo a raggiungere il livello successivo di competenza. Importante è per l’autore che i genitori non cerchino DI IMPORRE LE proprie SOLUZIONI AI PROBLEMI del proprio FIGLIO. L’allenamento emotivo è inopportuno quando  si ha POCO TEMPO, quando si è in presenza di altre persone,  QUANDO si è TROPPO ARRABBIATI O TROPPO STANCHI e quando si devono gestire comportamenti gravi e  quando il proprio FIGLIO «SIMULA» UN’EMOZIONE per manipolazione.

Capitolo 5: l’autore in questo capitolo affronta come durante il matrimonio ma anche durante il cambiamento del divorzio sa importante continuare l’allenamento emotivo del proprio figlio. Gli studi dimostrano che i figli possono trarre giovamento dall’assistere a un certo genere di conflitti familiari, particolarmente quando i genitori esprimono il loro disaccordo in maniera rispettosa e quando risulta chiaro che stanno sforzandosi di trovare una soluzione. Se i figli non vedono mai gli adulti arrabbiarsi l’uno con l’altra, dissentire e poi comporre i propri dissidi, vengono loro a mancare lezioni importanti che possono contribuire all’intelligenza emotiva. Durante questa ricerca di lungo periodo sulle famiglie e le emozioni, hanno scoperto che le coppie infelicemente sposate, o che si orientano verso il divorzio, percorrono in genere una spirale negativa di interazioni, emozioni e atteggiamenti che porta alla disintegrazione del loro matrimonio. Questo crollo avviene di solito in quattro prevedibili fasi, che definisco «i quattro cavalieri dell’Apocalisse».  1. CRITICHE 2. DISPREZZO 3. LA REAZIONE DIFENSIVA 4. IL MURO DEL SILENZIO. Ovviamente tutte queste fasi sono consigliabilmente da evitare.


Bellissimo il capitolo 6 dedicato interamente alla CRUCIALITA’ della presenza del padre a prescindere dalla situazione matrimoniale o relazionale con la madre dei propri figli. Nel libro viene consigliato che i padri che vivono separati dai figli debbano pazientare mentre i loro ragazzi si adattano al cambiamento. I genitori devono aspettarsi che i primi due anni dopo un divorzio saranno i più difficili. Oltre al dolore e alla rabbia, che probabilmente i padri avvertono nel rapporto con l’ex moglie, anche i figli possono esprimere una reazione fortemente negativa. I bambini piccoli, che in genere fanno fatica ad affrontare i cambiamenti, in qualunque circostanza, possono rifiutarsi di andare con il papà quando viene a prenderli. I bambini più grandi possono reagire con cattiveria o con disperazione e possono arrabbiarsi con i loro padri, accusandoli di non adoperarsi perché la famiglia possa stare unita. Siccome, in genere, gli uomini si ritraggono dai rapporti quando la situazione emotiva si surriscalda, molti padri possono sentirsi tentati dall’idea di smettere di vedere i figli. Per il bene dei figli i padri non devono prendere una decisione simile. È importante concentrarsi nell’aiutare i ragazzi ad affrontare i propri sentimenti negativi  

Capitolo 7:  Gottman spiega alcuni punti fondamentali dello sviluppo del bambino e del ragazzo durante i cinque periodi di vita e offre suggerimenti per aiutarvi a rafforzare l’intelligenza emotiva dei vostri figli durante queste fasi. Capire qual è la «normalità» e conoscere in anticipo quali aspetti, probabilmente, diventeranno importanti per vostro figlio nelle diverse epoche può rendervi genitori-allenatori più efficaci.   Allevare i figli comporta un costante mutamento. Mentre i bambini crescono, dobbiamo continuamente modificare la nostra vita per adattarla ai loro più recenti bisogni, timori, interessi e capacità. Tuttavia, nonostante ogni cambiamento, c’è una costante: il desiderio di ogni bambino di avere un legame emotivo con adulti affettuosi e attenti.

Una frase scelta per voi

“I genitori-allenatori incoraggiano nei loro figli l’onestà emotiva. «Voglio che i miei figli sappiano che il fatto di essere arrabbiati non vuol dire che siano cattivi, e che debbano necessariamente odiare la persona con cui sono in collera,» dice Sandy, madre di quattro figlie. «E voglio anche che sappiano che da quello che li ha fatti arrabbiare possono venir fuori delle buone cose.» Allo stesso tempo, Sandy pone dei limiti al comportamento delle figlie, e cerca di insegnare loro a esprimere la collera in modi non distruttivi. Le piacerebbe che le figlie crescessero e rimanessero amiche per tutta la vita, ma sa bene che, perché questo accada, devono essere buone l’una con le altre, e nutrire il loro rapporto. «Io dico loro che va benissimo arrabbiarsi tra sorelle, ma non va bene dirsi cose cattive,» spiega. «Io dico loro che i membri della loro famiglia sono persone a cui potranno sempre rivolgersi per qualsiasi cosa, per cui non devono rendersele ostili.» Porre limiti del genere è comune tra i genitori-allenatori, che possono accettare tutti i sentimenti ma non tutti i comportamenti”


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