Da figlio unico a fratello maggiore – 8 domande per crescere insieme (II parte)

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Proseguiamo l’intervista alla dottoressa Claudia Araseli Scarlatella

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L’intervista.

5. È normale che ci possa essere un risentimento verso il nuovo arrivato in famiglia?

Se il primogenito manifesta pensieri negativi sul nascituro rassicuratelo e spiegategli che servirà del tempo ad entrambi per conoscersi e imparare ad amarsi, questo lo farà sentire più libero e meno colpevole per la sua gelosia e non comprometterà l’affetto per il fratellino o la sorellina.

Non abbiate paura di raccontare a vostro figlio i cambiamenti che avverranno con l’arrivo del fratellino ma parlate liberamente,  spiegategli che quando arriverà il fratellino o la sorellina inizialmente sarà complicato per voi capire come conciliare i diversi impegni familiari, domestici e lavorativi, spiegategli che mamma e papà non sono perfetti e possono sbagliare ma che entrambi farete del vostro meglio per essere sempre dei buoni genitori, rassicuratelo sull’amore che provate per lui, ditegli che l’amore che vi unisce sarà sempre infinito e che l’arrivo del fratellino o della sorellina renderà ancora più grande e profondo il legame che vi unisce.

6. Come si può dividere equamente tempo e attenzioni, sapendo che un neonato ha esigenze più restrittive rispetto a un bambino di qualche anno?

Dividere equamente tempo e attenzioni è importante ma non sempre è facile capire se le modalità genitoriali adottate siano le più giuste.
All’inizio mamma e neonato devono imparare a conoscersi e trovare il loro giusto equilibrio. In questa fase tanto delicata quanto importante è bene darsi il giusto tempo senza sovraccaricarsi di ansie. Chiedere aiuto al proprio compagno, ai familiari o agli aiuti sociali presenti sul territorio è fondamentale per affrontare questo momento con serenità ed organizzare la propria vita anche in funzione del nuovo arrivato, con maggiore semplicità e senza traumi.

Dedicare del tempo esclusivo per il primogenito e per il fratello è davvero importante durante l’età evolutiva, ciò permette di valorizzare l’individualità e l’unicità di ciascun figlio, facendoli sentire ugualmente amati, senza entrare in competizione.
Troviamo il modo di ritagliare uno spazio per il bimbo più grande che sia solo suo. La lettura della fiaba prima della nanna. Un’ora al parco durante il pomeriggio. Il momento dell’accompagnamento a scuola o all’asilo. Qualcosa che diventi un rito di famiglia e che coinvolga il figlio maggiore in modo piacevole ed esclusivo. In questo modo sarà più facile per lui accettare la “perdita” inevitabile dei genitori occupati a prendersi cura del più piccolo.
Al contempo è importante anche dedicare momenti di condivisione e cooperazione per rafforzare l’unione familiare, ciò è maggiormente verificabile nella vita quotidiana ad esempio durante i pasti, nei fini settimana da trascorrere in famiglia e così via. Valorizziamo questi momenti di unione con i nostri figli poiché aiutano a consolidare l’identità familiare e fortificano il senso di appartenenza e l’unione fraterna.
Vorrei tranquillizzarvi sul fatto che ritagliarsi del tempo esclusivo per il figlio maggiore è più semplice di quanto immaginiate: il ritagliarsi dei momenti per il primogenito che siano di tipo esclusivo non significa per forza dover trovare un tempo eccessivamente lungo ma bastano davvero anche 5-10 minuti al giorno in cui una cosa la fate insieme e avete scelto di farla insieme in via esclusiva, solo voi due. Può essere il racconto della favola, può essere fare una corsa in giardino, può essere preparare una merenda golosa da gustarvi insieme, qualsiasi cosa che vi faccia sentire bene.

Vorrei ora proporvi una visione del cambiamento familiare dal punto di vista del bambino: immaginiamo una famiglia composta da Mamma Anna e Papà Davide, hanno tre figli: Gioele primogenito di 6 anni, Matteo secondogenito di 4 anni e Sara l’ultima arrivata in famiglia di 7 mesi.

I genitori si sentono stanchi, spesso affaticati nella gestione familiare, spesso la madre si ritrova completamente sola nella gestione dei tre bambini mentre il marito è al lavoro ed entrambi si sentono sopraffatti e non sanno come gestire la situazione.

Gioele al momento sta affrontando il ruolo più difficile all’interno della famiglia, perché è il fratello maggiore, su di lui vengono riposte molte pretese e a volte poca comprensione. Gli si dice: “Basta!! Non gridare! Fai silenzio che si è appena addormentata Sara!” e ancora “Aspetta, stai fermo! Non prendere i giochi di tuo fratello, non lanciare la macchinina, così farai piangere Matteo! Non fare così!!” eccetera…
Bisogna ricordarsi che Gioele è un bambino di soli 6 anni e che per questo motivo va trattato come tale. Un bambino che corre, a 6 anni, è perché in quel momento lì ha bisogno di correre non è un capriccio ma è proprio un’attivazione fisiologica necessaria per il suo stadio di sviluppo, una motricità che necessita di esprimersi attraverso le scoperte nel gioco, nella corsa e così via. Gioele ha bisogno di giocare, di correre, di urlare, di fare cose che a volte non si sposano con una bambina neonata che invece magari si è appena addormentata e abbiamo faticato per farla addormentare.
Allora come fare in questi casi? Quando vedete che il vostro bambino è irrequieto fatevi aiutare coinvolgendo il papà o i nonni, dedicategli la giusta attenzione e chiedetegli: “Hai voglia di giocare? Vuoi correre?”  Così, nel nostro esempio, Mamma Anna potrà scegliere se lasciare Matteo e Sara con il padre, prendere Gioele e portarlo al parco a fare un giro in bicicletta o fare un gioco insieme oppure se far giocare Gioele con il papà.
Parlate con il vostro bambino apertamente di quanto per voi sia importante, ricordategli quotidianamente di quanto lo amate, elogiate le sue gentilezze, i suoi comportamenti positivi e non fatelo mai sentire meno.
Quando vedete che fa qualcosa che non va e mette in atto un comportamento sbagliato, ricordate che questi comportamenti sono frutto di una frustrazione: stabilite regole e confini chiari, spiegate ai vostri piccoli perché è importante rispettarle, cercate di evitare di sgridarlo eccessivamente per fargli capire che quel comportamento non si fa bensì fate loro un esempio pratico di cosa comporta l’inosservanza delle regole e gratificatelo quando si comporta bene, rinforzando in maniera positiva i comportamenti corretti.

7. In caso di allattamento al seno, ci può essere gelosia da parte del figlio maggiore per un momento di intimità esclusiva tra la mamma e il neonato? Se si, qual è il modo migliore per gestirla? Può fare lo stesso effetto anche l’allattamento con il biberon?

L’allattamento al seno costituisce il miglior metodo alimentare per garantire una sana crescita e un sano sviluppo dei neonati ed esercita un’influenza biologica ed emotiva unica sulla salute sia delle madri che dei bambini. Il latte che la mamma produce è un latte unico, inimitabile, specifico per il proprio bambino, è ricco di anticorpi con una composizione ideale per le sue esigenze nutritive e di sviluppo. Il latte materno è ricco di sostanze biologicamente attive che aiutano la digestione del bambino, rinforzano il suo sistema immunitario in maniera permanente, maturano il sistema nervoso e gli altri organi.  Le proprietà antisettiche del latte materno favoriscono la prevenzione delle malattie nell’età neonatale. Il bambino allattato al seno è più protetto nei confronti di molte malattie, richiede minori cure mediche e viene meno ospedalizzato. Questa protezione è di lunga durata e vale per le infezioni gastrointestinali e delle prime vie respiratorie, la Sids, l’obesità, il diabete e le malattie cardiovascolari, alcuni tipi di tumore e infine, per le difficoltà cognitive e relazionali.

I primi giorni di rientro a casa dall’ospedale rappresentano una fase delicata per mamma e bambino ed è importante fornire ad entrambi aiuti affidabili e tangibili. Per ricevere aiuto sull’allattamento ed il sostegno psicologico adeguato, al giorno d’oggi sono presenti numerosi aiuti sia pubblici che privati, organizzati da figure professionali quali psicologhe, ostetriche, ginecologhe che forniscono diverse tipologie di aiuti e servizi sia a domicilio che presso strutture pubbliche. Per ricevere maggiori informazioni a riguardo potete contattarmi.

Durante l’allattamento (al seno o al biberon) potrebbe accadere che il primogenito sia incuriosito o mostri gelosia per questo momento esclusivo tra la mamma ed il neonato, un buon modo per non far sentire i vostri bambini esclusi è invitarli a starvi vicino mentre allattate il fratellino. Insieme al più grande potreste cantare una canzone dolce e melodica per accompagnare l’allattamento, tenete il primogenito al vostro fianco rassicurandolo sull’amore che provate per lui e spiegategli che la fase dell’allattamento è necessaria ma non dura per sempre. Raccontategli di quando anche lui era piccolo e veniva allattato, ciò gli permetterà di comprendere meglio la funzione dell’allattamento e  a conoscere le diverse fasi di vita legate all’infanzia. Se il primogenito dovesse mostrare curiosità sull’allattamento come chiedere che sapore ha il latte della mamma potete dire che se vuole può assaggiare anche lui il latte di mamma…ciò potrebbe apparirvi strano ma la connessione ed il legame che si crea durante l’allattamento é qualcosa di unico, un amore che viene nutrito grazie proprio all’allattamento. Non fatevi spaventare se altri non dovessero condividere questa vostra scelta, questa é un’occasione in più per coccolare e amare i vostri figli e non c’è nulla di sbagliato.

8. Nel caso di fratelli di sesso diverso, come gestire la curiosità del figlio maggiore e spiegare in modo corretto le differenze sessuali?

Le differenze sessuali possono essere spiegate ai bambini al momento del bagnetto o in altre occasioni della vita quotidiana. La doccia tra fratellini o con mamma e papà o il momento della vestizione possono essere momenti adeguati in cui spiegare le differenze tra maschio e femmina.
In commercio inoltre vi sono testi illustrati per diverse fasce di età che possono fungere da supporto iconografico con il quale poter iniziare a confrontarsi sull’argomento.
La nudità è natura e il corpo non deve essere un tabù per un bambino, né quello dei genitori né il suo. Nel corpo nudo non c’è nulla di male o di cui vergognarsi, non dobbiamo trasmettere un tabù ai nostri bambini ma non devono nemmeno pensare che sia normale girare nudi per strada o che tutti possano vedere impunemente noi o lui nudi. Va stabilito un confine.
Come far capire ai bambini qual’è il confine? Con l’esempio. La nudità può essere espressa in luoghi e momenti appropriati: ci si spoglia in bagno per fare la doccia o in camera per vestirsi ma non cuciniamo nudi, con esempi semplici inerenti la nostra vita quotidiana possiamo spiegare ai nostri bambini quali sono i limiti da rispettare.

La sessualità nei bambini non è erotizzata. Riconoscerla, legittimarla e darle spazio è importante, solo in questo modo i genitori possono esercitare un’azione educativa su di essa.
Nell’ambito della sessualità, c’è un momento in cui bisogna dare un nome alle cose e alle esperienze. Una indicazione generale per i genitori, qualunque sia l’età del figlio o l’interrogativo che sottopone, è quella di evitare di rispondere con frasi come «Non sono cose che ti riguardano», o «Non si parla di queste cose!», chiudendo così il discorso. È meglio evitare tali formule che colpevolizzano e rendono la sessualità un tabù. Al contrario, si può approfittare dell’occasione per affermare la propria disponibilità a parlare di questi argomenti con una risposta del genere: «Sono questioni che riguardano la vita. Puoi parlarmene quando vuoi». E se qualche volta ci si può sentire in imbarazzo per una domanda o una osservazione fatta in pubblico si può sempre rimandare la risposta «a più tardi». Può accadere che il bambino si esprima su certi temi con termini non appropriati o volgari magari appresi a scuola o dalla tv, in questi casi andrà invitato a sostituire la parola inadeguata con un termine più appropriato, facendogli capire che va evitata la volgarità, non l’argomento: il bambino comprenderà che può chiedere senza inibizioni. Così, se riceve delle informazioni deformate dai compagni o da altre persone, si sentirà autorizzato a chiedere spiegazioni ai suoi genitori.

Sulla sessualità è necessario usare la stessa sensibilità richiesta quando si affrontano le tematiche più difficili per la mente infantile. È importante rendersi conto dell’età del bambino e del suo livello di comprensione, perciò spiegare un argomento non significa rivelare tutto o fornire troppi dettagli: non riversiamo sul bambino un flusso di spiegazioni troppo lunghe ed elaborate, rischieremmo solo di confonderlo. Nel corso della crescita si tornerà più volte sulle stesse tematiche, che verranno approfondite e spiegate con maggiori dettagli a seconda dell’età e dell’individualità del bambino. I secondi e terzi figli generalmente reclamano informazioni prima dei primogeniti, oppure le ricevono attraverso di loro. Il bambino, insomma, cresce, e le parole che si utilizzano per parlargli devono crescere con lui.

Alcuni esempi per spiegare le differenze sessuali ai bambini:
– Le bambine hanno il pisellino come i maschi?
R. (a partire dai 2-3 anni) Le bambine hanno la patatina e dentro, che non si vede, invece del pisellino hanno l’utero. (Se preferite al posto di pisellino e patatina che sono termini usati solitamente dai bambini potete dire pene e vagina)

– Perché non ho il pisellino e non faccio pipì in piedi come mio fratello?
(a partire dai 2-3 anni) Tu sei una femmina ed hai la patatina mentre tuo fratello è un maschio ed ha il pisellino. Lui fa la pipì dal pisellino, tu dalla patatina. (È importante non trasmettere alla bambina l’idea di non avere una cosa, meglio parlare della diversità, i maschi hanno il proprio organo genitale e le femmine un’altro)

– Perché ci sono maschi e femmine?
R. (a partire dai 3-5 anni) Perché per fare i bambini ci vogliono sia le femmine che i maschi.

– Perché quella signora ha la pancia così grossa?

– (a partire dai 3-5 anni) Perché c’è dentro un bambino che cresce e che un giorno nascerà. Anche tu sei stato nella pancia della tua mamma per nove mesi prima di nascere. Eri dentro una tasca speciale (utero), dove sei cresciuto.

– E come sono nato io?
R. (3-5 anni) Alla fine dei nove mesi sei uscito da un buchetto che le donne hanno tra le gambe. È così che nascono tutti i bambini e anche i piccoli di molti animali. (È necessario far comprendere al bambino che il parto è un evento naturale, non una malattia o un incidente per cui la mamma deve andare in ospedale)


Presentazione del professionista.

Nome e cognome: Claudia Araseli Scarlatella

Professione: Psicologa dell’età evolutiva e Neuropsicologa

Laurea e/o altri attestati di interesse: Laurea Magistrale in Psicologia percorso Neuroscienze – Università degli Studi di Trento.
Harvard Summer School in Cognitive and Brain Sciences, vincitrice della borsa di studio rilasciata da CIMeC – Center for Mind/Brain Sciences per il programma “Windows into the Structure of the Mind/Brain”.
Laurea Triennale in Scienze e Tecniche di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione – Università degli studi di Firenze.

Esperienze professionali di interesse: 

Ho sviluppato competenze specifiche in metodiche diagnostiche, abilitative e riabilitative presso il Centro Diagnosi, Cura, Ricerca, Autismo (Marzana, VR) ed il Centro Regionale per la prevenzione, diagnosi, trattamento e riabilitazione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (Verona).

Mi occupo presso Baby Palestra – Studio di Psicologia e Psicomotricità (Bovolone, VR) di Disturbi del Neurosviluppo fra cui disabilità intellettiva, autismo, disturbi dell’attenzione (ADHD), problemi di comportamento, disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e genitorialità, attraverso uno sguardo integrato sulla persona, la definizione di obiettivi terapeutici individualizzati ed una metodologia di intervento dedita alla salute e al benessere psicocorporei del bambino, dell’adulto e della famiglia.

A Verona presso studio privato mi occupo di consulenza e sostegno psicologico rivolti a bambini e adolescenti, genitori e famiglie, adulti.

Collaboro con il Servizio Tutela Minori, Azienda ULSS 9 Scaligera (sede di Legnago), in un progetto di Affido Diurno attraverso interventi di ordine sociale, psicologico ed educativo a favore di minori soggetti a provvedimenti giudiziari.

Mi occupo di Disturbi Psicosomatici presso lo studio medico della Dott.ssa Federica Cavallini (Villafranca Padovana, PD), in particolar modo di Psoriasi secondo il Metodo Apollo: approccio funzionale che focalizza il proprio interesse sulla causa invece che sul sintomo, fornendo gli strumenti per gestire e ridurre tutti quei fattori che scatenano e alimentano la malattia psoriasica, attraverso una ricerca personalizzata delle cause e della soluzione.

Pagina Facebook: Dott.ssa Claudia Araseli Scarlatella – Psicologa